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Rispettare o non rispettare il dress code?

  • 14 Luglio 2025
  • By Paola Pizza
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Rispettare o non rispettare il dress code?

È più importante rispettare il dress code e integrarsi con il contesto, o non rispettare il dress code e far trionfare il proprio gusto o il proprio desiderio di comodità? Individualità o conformità? Spontaneità o regole di decoro? Rispetto degli altri o solo di se stessi?

Rispettare o non rispettare il dress code. Il caso della Scala

Recentemente il Teatro alla Scala ha ripristinato cartelli che incitano a rispettare il dress code. I cartelli vietano pantaloni corti, canotte e infradito e la consumazione di cibo e bevande. Indicazioni minime che ricordano il rispetto del luogo e degli altri spettatori. Regole che sono sempre esistite, ma che erano state messe in un cassetto dal precedente sovraintendente Dominique Meyer, desideroso di tolleranza anche per una esperienza personale fatta in gioventù, quando era stato criticato dai vicini in un palco all’Opéra di Parigi per il suo abbigliamento “da operaio”!

Rispettare o non rispettare il dress code: le differenze di personalità

Chi ha un profilo di personalità orientato verso l’alto automonitoraggio tende a presentarsi agli altri con un look che soddisfi le attese sociali. Sono persone attente alle regole di abbigliamento e al dress code. Cercano di acquisire tutte le informazioni necessarie a fare una buona impressione sia per essere accettati, che per acquisire il potere.

Quando la personalità è invece caratterizzata dal basso automonitoraggio, l’abbigliamento è più centrato sul sé che sugli altri. Sono persone poco influenzate dal parere degli altri e dal mutare delle situazioni sociali. La loro autopresentazione esprime il concetto che hanno di se stessi, le loro idee, i loro valori. Più l’automonitoraggio è basso, più è bassa la probabilità di seguire il dress code.

Vestirsi è un atto comunicativo

L’abbigliamento è un atto comunicativo. Con gli abiti, gli accessori, i colori parliamo di noi, della nostra identità, delle nostre emozioni, dei nostri obiettivi, dei nostri valori. Ma come ogni atto comunicativo, l’abbigliamento è fatto sia di parole (i diversi capi), che di grammatica (il modo di coordinarli), di elementi non verbali (il modo di indossarli), e di obiettivi da raggiungere in un contesto, dove anche gli altri sono importanti. Tutti questi elementi determinano la competenza comunicativa, e ogni elemento del nostro aspetto esteriore (abbigliamento, trucco, acconciatura, accessori, postura) può contribuire ad una comunicazione più o meno competente ed efficace. L’aspetto esteriore è adeguato o inadeguato rispetto alla persona e ai suoi obiettivi interpersonali? Lo integra o lo oppone al contesto? L’importante è esserne sempre consapevoli.

Dress code e scambio comunicativo: l’importanza degli interlocutori

Per comprendere la ricchezza dello scambio comunicativo dobbiamo considerare sia le componenti del messaggio (codifica e decodifica), sia il contesto nel quale avviene la comunicazione.

  • CODIFICA. Il punto di partenza è ciò desideriamo comunicare attraverso l’abbigliamento, in base alla nostra identità e ai nostri obiettivi. Ma non tutti riescono a tradurre i desideri in una immagine coerente, ne i pensieri in parole efficaci.
  • DECODIFICA. Non sempre chi ci ascolta comprende tutto del messaggio e talvolta lo interpreta addirittura in modo diverso rispetto alle intenzioni di chi lo ha formulato. La decodifica è spesso deformata da ostacoli e rumori psicologici. I gusti, le esperienze di vita, le competenze, le credenze, le emozioni, gli atteggiamenti, i pregiuzi, influenzano il modo di valutare un messaggio e di dargli un senso, anche nel caso degli abiti.
  • CONTESTO. Comprende lo spazio fisico e temporale in cui avviene la comunicazione, il ruolo degli interlocutori, la formalità o l’informalità, la situazione psicoaffettiva, le conoscenze. È importante quindi considerare sia il luogo e il tempo di uno scambio comunicativo, che le persone coinvolte.

Nella scelta dell’abbigliamento, se vogliamo che il messaggio sia efficace, dobbiamo quindi considerare contemporaneamente noi e gli altri. È importante la nostra identità, ma anche il dialogo con il contesto.

Si può scegliere il look in modo più adeguato al contesto e al dress code?

Per capire come adeguare l’abbigliamento al contesto, rendendolo più efficace senza perdere la propria autenticità, possiamo utilizzare il modello del principio di cooperazione  di Grice, che ci suggerisce di considerare contemporaneamente quattro aspetti del messaggio comunicativo.

  • QUANTITÀ. Il numero di informazioni fornite. Cosa desidero raccontare (emozioni, identità, valori, obiettivi, atteggiamenti) attraverso gli abiti scelti per questo scambio comunicativo? Le informazioni sono troppo abbondanti o scarse rispetto all’obiettivo?
  • QUALITÀ. La veridicità delle informazioni. Ciò che racconto attraverso la mia immagine è autentico? È  coerente o dissonante? Il consiglio è sempre quello di usare abiti, accessori e colori per esprimere il vero sé, evitando di mascherarsi.
  • RELAZIONE. Quanto è coerente e pertinente l’abbigliamento che ho scelto con gli obiettivi individuali e con il contesto relazionale? Lo stile scelto si integra o si oppone al contesto? Mostra amichevolezza e apertura o opposizione e chiusura?
  • MODO. Si riferisce a come si comunica il messaggio. Il consiglio è considerare la complessità del messaggio: il taglio dei capi, il modello, il materiale, il colore, e la loro congruenza o dissonanza con la nostra identità, e con il contesto.

Rispettare o non rispettare il dress code. La connessione con gli altri

I quattro elementi del principio di cooperazione (quantità, qualità, relazione, modo) ci ricordano che per essere efficaci dobbiamo considerare non soltanto la nostra identità, i nostri desideri e il nostro gusto, ma anche gli obiettivi da perseguire e il contesto nel quale ci si trova. Rispettare il dress code a volte è questo. Non vuol dire rinunciare alla propria identità per uniformarsi, ma trovare il modo originale per esprimere chi siamo senza perdere la connessione con gli altri.

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By Paola Pizza, 14 Luglio 2025 Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.

Paola Pizza

Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.

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Paola Pizz

Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.

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