La dinamica tra esibire e nascondere è sempre stata presente nella moda e nel suo transfert seduttivo ed è all’interno di questa dinamica psicologica che si trovano i diversi modi di interpretare alcune tendenze come quella del corpo esibito, o, all’inverso, quella del corpo nascosto da capi molto ampi.
Ci sono diversi modi di interpretare lo stile che celebra l’esibizione del corpo. Una cosa è un blazar portato a pelle che lascia intravedere un po’ di pelle nuda o un corsetto, altra cosa sono gli abiti che lasciano il corpo completamente in mostra. La differenza è tra seduzione e esibizione.
La seduzione è l’impalpabile forza con la quale intrighiamo e affasciniamo gli altri per catturarne l’attenzione. Il gioco della seduzione è un “erotismo pudico” comunicato attraverso il gioco del vedo-non vedo, l’alludere senza mostrare, l’erotismo del corpo, i tessuti sensuali, i colori ammalianti. Trovo che un po’ di seduzione nella moda renda più empowerment il proprio stile, comunicando i diversi sé.
L’esibizione è il mostrare ostentato del corpo, nella ricerca continua di essere visti, amati e avere conferme del proprio valore. Credo che dietro a questo bisogno di esibizione ci siano alcuni problemi della nostra società che riguardano il sesso e le relazioni. Il sesso si fa sempre più visivo, e l’intimità e la complicità vengono sostituite dalle immagini esibite e guardate. Il sociologo Brian McNair definisce la società attuale “pornografizzata”. Una società nella quale si mettono in mostra le esperienze intime e il privato diventa pubblico, dove si esiste solo se si è guardati, e se si esibisce il corpo, gli abiti e gli accessori, il trucco.
Come scrivo nella seconda edizione del mio libro Psicologia sociale della moda (QuiEdit) questa “ostentazione nega la seduzione dell’allusione, dell’ammiccamento e la sostituisce con l’esplicito e con l’agito, trasformando il corpo in un oggetto.”
Ho parlato della differenza tra seduzione e esibizione con Anna Franco, su Il Messaggero del 31 gennaio 2025, nell’articolo “Se quell’intimo fa la differenza”
Le proposte per l’estate 2025 sono tante e ognuna/ognuno di noi potrà trovare lo stile più adeguato per esprimere la propria identità, ma da psicologa della moda, mi interessano i significati simbolici di alcuni capi che abbiamo visto sfilare e, soprattutto, due tendenze opposte che troviamo spesso nella moda e che evocano due diversi profili di donna/di uomo. Da una parte l’esibizione del corpo con abiti velo, dall’altra nasconderlo con capi over. Da una parte l’estroversione, dall’altra l’introversione.
Esibire vs nascondere. Dove pende la bilancia? Queste due tendenze hanno attirato la mia attenzione, in mezzo a molte altre, per il loro significato inconscio.
Questa tendenza ha attraversato molte sfilate della Milano Fashion Week primavera/estate 2025, da Fendi (che ha aperto), passando per Alberta Ferretti (con capi impalpabili dall’effetto vedo/non vedo), Emporio Armani (con solo alcuni capi con tessuti trasparenti), Ermanno Scervino, Gucci , Roberto Cavalli e Etro (con abiti rete), Genny e altri ancora.
Il velo dissimula ciò che è segreto. Togliere il velo equivale alla conoscenza e alla rivelazione della propria natura e della propria intimità. Il velo rappresenta anche l’apparenza, dà un’illusione di copertura del corpo, mentre in realtà lo svela completamente.
La seduzione in questi capi è presente solo quando il velo è un tessuto che allude al corpo, e lo fa intuire. Scompare quando è talmente trasparente da esibire il corpo in modo esplicito. In questo caso evoca una sessualità visiva che trova soddisfazione solo nell’immagine, prescindendo dall’intimità dei corpi. Sono abiti adatti a chi si sente abbastanza sicura/sicuro di esibire il corpo, a chi si sente perfetta/perfetto, o al contrario, a chi non cerca la perfezione perché non considera il giudizio degli altri, ma solo il proprio.
Queste finestre negli abiti simboleggiano la ricettività, lasciano uno spazio di ingresso e mostrano la pelle che contiene e protegge il nostro Io. Sono una apertura agli altri, uno spazio di ingresso alla nostra identità, ma anche uno spazio per rendere più accessibile agli altri il buono che abbiamo dentro. Sono capi adatti a chi ha una identità forte e non teme il confronto con gli altri.
Abbiamo visto abiti con tagli da Gucci, nella gonna con oblò di Prada, da Roberto Cavalli, e nel trench a oblò di Ferragamo.
Ciò che normalmente si porta sotto gli abiti a protezione delle parti del corpo legate alla sessualità e alla riproduzione, è in prima vista con un linguaggio provocatorio e ammiccante che fa diventare la costrizione del bustino, un messaggio di empowerment. Nella sfilata di Dolce e Gabbana (che ha celebrato lo stile di Madonna) le coppe del reggiseno diventano a cono (per ricordare quelle di Jean Paul Gaultier), rappresentando una donna fallica, con abiti che fasciano e enfatizzano il corpo (anche in fantasie floreali) e un seno che è come un’arma. Il cono rappresenta sia il simbolismo materno del cerchio, che quello maschile del triangolo. Reggiseni che ammiccano da camicie e giacche da Alberta Ferretti, da Dolce e Gabbana, slip che ammiccano sotto lo spolverino da Ferragamo, e da molti altri.
Tutto ciò che è molto ampio rende il corpo più evidente nello spazio, amplificando l’estensione corporea, ma nello stesso tempo ingloba il corpo come in un bozzolo rendendolo meno identificabile e più protetto dagli attacchi esterni. Certi capi over sono come una corazza che protegge l’identità e le emozioni e crea una barriera protettiva dagli altri. Certi altri (soprattutto quelli legati alla sovrabbondanza di forme) enfatizzano il proprio sé. Da Ferragamo e Gucci (i trench), da Bottega Veneta (le giacche).
La colonna è un supporto che garantisce la solidità di ciò che si appoggia sopra. È come il tronco di un albero ben radicato in terra che permette alla pianta di crescere, è un simbolo di affermazione di sé e di solidità. Limitano però il movimento e creano un’immagine un po’ statica e altera. Da Max Mara.
Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.
Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.
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